Come tutti sanno, un sisma genera onde sismiche. Sappiamo anche che queste possono costituire un elemento di rischio sia per le strutture che per la vita umana stessa ma, allo stesso tempo, abbiamo anche imparato a farne buon uso allo scopo di investigare il sottosuolo (specialmente alle maggiori profondità) spesso in un modo molto più efficace rispetto alla prospezione diretta (sondaggi e pozzi profondi).
Le conoscenze che abbiamo sull'interno del nostro pianeta, ad esempio, derivano tutte dallo studio sulla propagazione delle onde sismiche generate da eventi naturali o artificiali, specie a partire dagli anni '50 del secolo scorso. Nessuna perforazione petrolifera, sondaggio, pozzo sovietico siberiano che dir si voglia ha consentito di ottenere la stessa mole di informazioni sull'interno del pianeta fornite invece dall'analisi delle onde sismiche. Se per le maggiori profondità, tuttavia, l'interesse della comunità scientifica si concentra prevalentemente sulle onde di volume, le onde P ed S, a profondità minori subentra anche l'interesse rivolto alle onde superficiali (R ed L).
Già negli anni '50 molti ricercatori svilupparono metodi di analisi basati sullo studio delle onde superficiali allo scopo, ad esempio, di investigare lo spessore della crosta terrestre. Tuttavia è solo negli ultimi 30 anni che tali tecniche hanno trovato largo uso nella prospezione degli strati di terreno più superficiali per scopi non solo scientifici ma anche meramente applicativi.
L'onda di superficie viene generata al momento in cui l'onda di volume si approssima alla superficie libera del suolo, presso la quale si propaga con ampiezza esponenzialmente decrescente con la profondità. Le onde di superficie sono di duplice natura: le onde di Rayleigh (onde R) e le onde di Love (onde L). Le prime costituiscono la risultante tra un movimento polarizzato sul piano verticale, normale alla direzione di propagazione, ed uno polarizzato sul piano orizzontale, coerente con la direzione di propagazione. Una generica particella di roccia si muoverà dunque seguendo una traiettoria ellittica, sul piano verticale, con moto retrogrado.
La roccia si deforma sia per compressione che per taglio. Per le onde L invece, il movimento avviene su un piano orizzontale, polarizzato normalmente alla direzione di propagazione. Le onde L producono deformazioni di taglio. Questo tipo di onda, che non si propaga nei fluidi, viene prodotta a seguito delle riflessioni multiple tra due superfici di interstrato sovrapposte e dunque vengono prodotte tipicamente nei terreni stratificati. Al contrario le onde R si trasmettono anche in terreni non stratificati con un fronte d'onda cilindrico.
Lo studio delle onde R ed L, dunque, consentirà al geofisico di ottenere numerose informazioni sugli strati più superficiali della crosta terrestre. Naturalmente il geofisico non dovrà attendere che si verifichi un sisma per poter studiare il sottosuolo con questa tecnica e le metodologie di prospezione che ne fanno uso si basano su fonti di vibrazione sempre presenti ovvero attivabili secondo le necessità. Nel primo caso le tecniche di prospezione, dette di "sismica passiva", usano una fonte di vibrazione "naturale" (ad esempio il microtremore prodotto dal moto ondoso oceanico, da eventi meteorologici di vasta scala, ecc.).
Tra queste ricordiamo ad esempio la metodologia HVSR. In altri casi le tecniche di prospezione con le onde superficiali afferiscono alla cosiddetta "sismica attiva", per la quale il moto di vibrazione viene innescato artificialmente dal geofisico stesso. In questa categoria si inquadra la metodologia prospettiva denominata Multichannel Analysis of Surface Waves, meglio nota con l'acronimo MASW.
È una tecnica che ha avuto un grande successo tra i professionisti italiani quando, facendo seguito a studi di risposta sismica locale statunitensi i cui risultati furono recepiti dagli Eurocodici e quindi dalla normativa italiana con le NTC 2008, il parametro VS30 sembrava essere diventato un dato in grado di caratterizzare in modo piuttosto affidabile il sottosuolo dal punto di vista della risposta sismica. L'arcinoto parametro VS30 era di fatto la velocità equivalente delle onde S nei primi 30 m di spessore dal piano campagna.
I 30 m non avevano alcuna ragione di essere se non per il fatto che gli studi statunitensi di cui sopra traevano le proprie conclusioni in base a prospezioni che per meri motivi di disponibilità di dati del momento, limitavano la propria profondità di indagine a 100 piedi (cioè circa 30 m). Sta di fatto che la tecnica MASW, che fornisce proprio come output il profilo monodimensionale di velocità delle onde S, si prestava ad essere ottimale per tale scopo, in termini di costi di esercizio e facilità di esecuzione. Naturalmente anche dopo l'entrata in vigore delle NTC 2018, che come è noto richiedono il valore della Vseq (la velocità equivalente delle onde S fino al bedrock sismico) e non più quello delle VS30, l'uso della MASW resta di fatto ancora una delle migliori tecniche in grado di restituire il profilo delle Vs. A questo punto occorre fare una breve precisazione. Si è detto che la MASW analizza le onde di superficie (R e/o L), ma restituisce il profilo delle onde S.
Questa apparente contraddizione è legata naturalmente alla relazione esistente tra tali diverse tipologie d'onda, per le quali può essere definita una funzione che ne quantifica la reciproca correlazione.
Sostanzialmente la prospezione consiste nella realizzazione di uno stendimento sismico, cioè di un cavo sismico al quale sono connessi n geofoni (di norma 12 o più spesso 24) reciprocamente equispaziati, che rilevano le sollecitazioni prodotte ad una delle estremità attraverso uno strumento di energizzazione del suolo, le commutano in un segnale elettrico e le inviano ad un sismografo in grado di acquisirle e registrarle. L'energizzazione di norma avviene attraverso una mazza con la quale viene percosso (verticalmente o tangenzialmente) un piattello metallico, ma anche attraverso macchinari di energizzazione più potenti o ancora attraverso la detonazione di cariche esplosive.
Lo strumento usato più comunemente, dopo la mazza da 8 kg, è proprio il "fucile sismico" nel quale si produce lo scoppio di una cartuccia a stretto contatto con il suolo. La vibrazione trasmessa lungo lo stendimento (detta "ondina") raggiunge progressivamente i geofoni, in grado di registrare o le oscillazioni verticali oppure quelle orizzontali i quali, come già detto, inviano il segnale al sismografo. Ogni canale del sismografo è attivato dal geofono ad esso dedicato per cui lo strumento registrerà l'arrivo della vibrazione tenendo conto del ritardo con il quale il segnale ecciterà i ricevitori. Modulando la lunghezza dello stendimento, la distanza intergeofonica, il numero, la posizione e l'intensità degli scoppi, si otterrà una prospezione più o meno profonda e/o più o meno dettagliata.
A questo punto il sismografo avrà registrato un file che contiene le caratteristiche del dato acquisito e che sarà oggetto di elaborazione attraverso software dedicati. Esiste una discreta disponibilità di programmi atti a svolgere tale funzione. Di norma sono programmi commerciali sviluppati per conto delle ditte produttrici del sismografo che si sta utilizzando. In altri casi sono disponibili software gratuiti quali Geopsy e Dinver, due programmi open source distribuiti con licenza libera sul sito Geopsy.org. È possibile sintetizzare brutalmente quanto svolto da tali programmi dicendo che il segnale sismico acquisito viene campionato, viene estrapolata una curva di dispersione, viene svolta una procedura di inversione ed infine viene restituito il profilo di velocità nelle onde di taglio (Vs) in corrispondenza della verticale del punto mediano dello stendimento.
Qualunque programma si usi per elaborare il dato di campagna, si arriverà ben presto ad un punto del flusso di lavoro, in particolare la fase denominata "picking", in cui la capacità interpretativa del geofisico diventerà un fattore decisivo nel determinare la correttezza dell'output. L'uso di tali software dunque andrà fatto cum grano salis, guardando agli eventuali automatismi con un certo grado di diffidenza.
Ad ogni modo, una prospezione ben eseguita e ben interpretata risulterà un potente strumento investigativo del sottosuolo, con notevoli potenzialità dal punto di vista della rosa di applicazioni nella quale poter essere impiegata. Cosa potremo mai fare con un profilo delle Vs? Come prima cosa avremo la possibilità di individuare la posizione del bedrock, anche a notevoli profondità rispetto al piano di indagine. Questa informazione risulta essenziale in numerosi campi di applicazione. Basti pensare ad esempio agli studi di risposta sismica locale e microzonazione sismica. Valutare la RSL vuol dire determinare il modo in cui il moto sismico subisce variazioni, in termini di ampiezza, frequenza e durata, nell'attraversare le successioni di copertura comprese tra il bedrock e la superficie topografica.
La conoscenza della posizione del bedrock sismico e della sismostratigrafia delle coperture, risulterà dunque essere una informazione cruciale anche ai fini della delimitazione e perimetrazione delle aree a comportamento sismico omogeneo, svolta negli studi di microzonazione sismica. L'utilità della conoscenza della sismostratigrafia del sito tuttavia, in termini di profilo delle Vs, si estende anche ad ulteriori campi della geologia applicata.
Oltre che nelle applicazioni geotecniche per le quali occorre ricostruire il modello geologico del sito di fondazione, è ampiamente documentato l'uso della prospezione MASW nella geologia ambientale (nello studio delle discariche, ad esempio), della geomorfologia applicata (modellazione dei corpi di frana), ecc.
Naturalmente risulterà in questi casi opportuna la correlazione tra la prospezione MASW ed i risultati di altre prospezioni di diversa tipologia. La calibrazione del profilo Vs ottenuto con la MASW con il log di un sondaggio o con l'output di altre tecniche di indagine geofisica, ci consentirà di ottenere un modello di maggior dettaglio oltre che di maggiore attendibilità, nel quale i dati raccolti risulteranno reciprocamente complementari.
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