Il Censis ha condotto una indagine presso un campione di professionisti italiani iscritti alle Casse di previdenza aderenti all’Adepp. Lo spaccato che emerge, se da un lato conferma la vitalità di un universo che anche negli anni della crisi ha continuato a crescere numericamente, e si è attrezzato per contrastarne gli effetti più negativi, dall'altro lato inizia, tuttavia, a confrontarsi con non poche criticità, che si fanno più marcate soprattutto tra alcune aree professionali e gruppi generazionali.
Di seguito la sintesi proposta dal Censis per la stampa:
"Professionisti grande risorsa del paese.
Pur subendo i colpi della crisi, dell’eccessiva tassazione, dei ritardati pagamenti, di inutili adempimenti, i liberi professionisti italiani mostrano passione per il proprio mestiere e fiducia verso il futuro.E’ quanto emerge dall’indagine Adepp – Censis “Le professioni in Italia: una ricchezza per l’Europa”. Tale carattere deriva in gran parte dalle capacità acquisite in lunghi percorsi formativi. E’ noto come la qualità del capitale umano sia fondamentale per tornare a svilupparsi e i professionisti italiani hanno, più di ogni altra categoria, conoscenza e competenza visto che il 25% ha conseguito un dottorato o una specializzazione e un ulteriore 46,5% una laurea.
Intraprendenti, ma solitari.
Perché si diventa professionisti? Per il 53,1% si tratta di una vera passione, di una vocazione personale, talvolta una missione. Il 29% dichiara addirittura che è la realizzazione di un desiderio a lungo maturato. Vale certamente l’autonomia come spinta a intraprendere un lavoro che comporta molte responsabilità e incertezze, motivazione importante per il 33,9% degli intervistati. Meno incidenza hanno le aspettative di guadagno dichiarate solo dal 10,1%. L’indagine sfata inoltre un luogo comune che ha condizionato a lungo la regolamentazione delle professioni: solo il 4,1% è subentrato nella gestione di uno studio familiare. La quasi totalità quindi sono imprenditori di se stessi e con le proprie capacità hanno intrapreso la loro carriera.
I limiti del soggettivismo.
L’iper-competizione condiziona anche il lavoro professionale; essere un’impresa “troppo” personale può costituire un limite.
La collaborazione è ancora troppo poco diffusa in Italia tanto che i professionisti che operano in associazione sono solo il 12,9%, e gli studi che associano competenze diverse raggiungono la quota appena superiore del 18,2%. La piccola dimensione e la personalità del titolare porta il più delle volte a radicarsi e affermarsi nella realtà locale: infatti per l’84,9% il mercato di riferimento è esclusivamente cittadino o regionale, per il 12,3% nazionale. Ciò per molte professioni (pensiamo a quelle medico-infermieristiche) è però giustificato dal tipo di prestazione che per il 56,2% è di tipo specialistico, per il 39% copre l’area di riferimento a 360 gradi, mentre solo il 4,8% degli studi ha caratteristiche multi specialistiche.
Tanti dipendenti, ma fatturato in calo.
I liberi professionisti costituisono un comparto fondamentale per il contributo che danno al Pil e all’occupazione: ben il 38,4% è anche un datore di lavoro. La lunga recessione ha avuto un effetto devastante sui redditi di questo comparto: per ben il 44,2% degli intervistati si è registrata negli ultimi due anni una forte contrazione del fatturato, che ha raggiunto la percentuale record del 62,7% per chi esercita una professione tecnica. Un impatto minore si è, al contrario verificato, per le professioni sanitarie dove il calo del volume d’affari ha riguardato il 31,1% degli intervistati. Alle difficili condizioni di mercato vanno poi ad aggiungersi altri fattori negativi come l’eccesso di burocrazia e tasse denunciato dal 62% dei professionisti, i ritardati pagamenti della P.A. (45,4%), la concorrenza di chi esercita abusivamente o in nero (26,6%).
Nonostante tutto, ce la possiamo fare, a patto che….
Valorizzando il lavoro professionale l’Italia ci guadagna e può ritrovare la spinta a ripartire. La situazione attuale anche per i professionisti è molto critica (16,9%) o abbastanza critica (35,2%); in totale quindi il 52,1% si sente in difficoltà da un punto di vista lavorativo. Ma non si è persa la fiducia e nel medio periodo (a cinque anni) il 43,9% confida che la propria situazione potrà migliorare, mentre un 23,1% ritiene che peggiorerà ulteriormente. Tra gli under 40 anni sono la maggioranza (54,1%) a ritenere che il futuro sarà migliore del presente.
Ripensare il welfare professionale.
Fra i problemi più sentiti i professionisti sollevano il tema della scarsa copertura di fronte ai rischi di interruzione della propria attività a causa di malattie, maternità o assistenza a parenti bisognosi. Ben il 23,1% negli ultimi cinque anni ha dovuto fronteggiare un tale problema, e tra le professioniste la percentuale sale al 35,8%."
Report completo Adepp Censis "Le professioni in Italia: una ricchezza per l’Europa"