Le frane rappresentano certamente uno dei maggiori pericoli naturali a cui l'uomo è esposto. Infatti, sin dall'antichità, lo sviluppo della civiltà ha dovuto fare i conti con i fenomeni e le calamità naturali e trovare il modo per convivere in armonia con questi ultimi. Le città sono diventate sempre più grandi e numerose, e con queste sono sorte reti infrastrutturali sempre più estese e diffuse sul territorio. Secondo una previsione delle Nazioni Unite, entro il 2050, 2,5 miliardi di persone in più vivranno nelle aree urbane, per un totale di quasi due terzi della popolazione mondiale. Tuttavia, poiché il mondo continua a urbanizzarsi, molti paesi dovranno affrontare sfide nel soddisfare le esigenze di una popolazione in crescita legate all'edilizia, ai trasporti e ai sistemi energetici. Questa prospettiva futura richiede anche un adeguamento delle infrastrutture, per lo più sotterranee, alla mobilità nonché al trasporto di energia, rifiuti o dati.
Le attività di costruzione si aggiungono inoltre ai problemi del cambiamento climatico, all'aumento delle temperatura globale, della desertificazione, della deforestazione, dell'erosione del suolo e dell'inquinamento del suolo, dell'acqua e dell'aria. In questa prospettiva, i fenomeni di instabilità naturali quali ad esempio gli eventi franosi rappresenteranno una sfida crescente per ingegneri e geologi, a cui spetta il compito di armonizzare le attività antropiche nel contesto di un ambiente naturale in rapida modifica.
Se a tutto questo si aggiunge il rischio sismico che contraddistingue molte aree del pianeta, emerge un quadro particolarmente complesso che richiede conoscenze, metodi e strumenti di analisi sempre più accurati e sofisticati per prevedere la risposta di tali sistemi. Infatti i pendii naturali manifestano spesso instabilità a seguito o in concomitanza di un evento sismico, mettendo a rischio la funzionalità di opere e infrastrutture con essi interagenti e causando spesso ingenti perdite in termini economici e di vite umane. Come recentemente formalizzato dalle linee guida AGI/ISPRA 2022, il rischio da frana rappresenta un tratto distintivo del territorio italiano, spesso aggravato dalla presenza di eventi sismici intensi, come testimoniato dai danni indotti dai terremoti che sovente colpiscono il nostro paese.
Se da un lato queste evidenze stanno sensibilizzando gli organi preposti alla protezione del territorio, gli ordini professionali di ingegneri e geologi e gli stessi professionisti nei confronti di questo tema, dall'altro spingono la comunità scientifica di ingegneria geotecnica a sviluppare modelli previsionali sempre più affidabili finalizzati a comprendere e mitigare gli effetti di tali eventi. Questo richiede da un lato la definizione di un adeguato modello geologico e geotecnico del territorio oggetto di studio e dall'altro la scelta di adeguati metodi di analisi e l'individuazione dell'azione sismica di progetto sulla base delle vigenti normative tecniche per le costruzioni.
La prestazione sismica di un pendio viene tipicamente quantificata attraverso la valutazione degli spostamenti permanenti indotti a seguito di un terremoto. Ai più sofisticati e onerosi metodi di analisi numerica su base deterministica (ad esempio quelli basati sugli elementi finiti), si affiancano spesso approcci di calcolo semplificati basati su metodi semi-empirici e approcci di natura probabilistica. Tali metodologie permetto non soltanto di portare in conto l'incertezza epistemica legata all'azione sismica, alle caratteristiche geometriche dei versanti e alle proprietà fisico-meccaniche dei depositi interessati da fenomeni franosi, ma anche di effettuare valutazioni speditive su vaste porzioni del territorio.
Una volta codificati e chiariti i limiti e le potenzialità, tali strumenti di analisi possono essere efficacemente impiegati da ingegneri e geologi professionisti e dagli organi di controllo nazionali per una più attenta gestione del territorio e del rischio sismico dei pendii naturali, eventualmente interagenti con infrastrutture e opere esistenti.